Una giovane magistrato della Procura di Roma -
Viola Borroni - viene incaricata di svolgere delle indagini sulla strana morte
di un uomo. Contemporaneamente il padre di Viola, scompare misteriosamente. Le
due vicende sono connesse tra loro?
Nei primi anni del novecento il Priore del convento
di Mondragone vende ad un acquirente polacco un manoscritto dell'XI secolo
scritto in una lingua sconosciuta. Ma prima di consegnarlo strappa le prime
quattordici pagine e le nasconde nel suo scriptorium. Cosa c'era scritto in
quelle pagine? Chi ne era l'autore? Perchè occultarle? E perché durante la
seconda guerra mondiale, Rudolf Hess ordinò una Commissione di ricerca per
ritrovare quelle pagine perdute?
Nel racconto si intrecciano le vicende della
protagonista - Viola - e di un antico quanto enigmatico vescovo. Nello sfondo le pagine perdute del misterioso
manoscritto.
Viola riuscirà a risolvere quel caso complicato
dopo rocambolesche vicissitudini con un finale a sorpresa.
Guido d'Agostino
I Commenti dei lettori
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Da capogiro! Le pagine perdute trasportano il lettore
in una sarabanda, una autentica scorreria, nei tempi e negli spazi. Vi si
intrecciano il presente e il Medioevo, il passato prossimo con il remoto; la
dolce campagna toscana con la Francia, l’Italia e la Germania. Soprattutto, si
attraversano, con ritmo frenetico, situazioni e generi letterari, atti di
coraggio, resistenze spasmodiche con gesti di ferocia: il tutto, nel vortice
che si sviluppa attorno all’eterno desiderio dell’immortalità, o almeno di una
vita che può durare un millennio, le cui «istruzioni per l’uso» sono contenute
nel manoscritto Voynich (dal quale sono stati asportati proprio i fogli che danno
la chiave per accedere alla fantastica, ma pericolosa, demoniaca possibilità di
protrarre l’umana esistenza).
Non deve essere stato facile
per l’Autore seguire il filo della sua «galoppante fantasia», tenere insieme
mistero, esoterismo, démoni e santi, vita di qua e l’aldilà. Affetti umani,
umanissimi, con ambizioni traditrici, contatti con il demoniaco e l’esperienza
dei più sofisticati congegni della tecnologia informatica. Insomma, far
convivere Viola con Calandra, nazisti e partigiani, antiquari rosi dalla
passione ed avvocati e/o magistrati impegnati nel loro difficile compito,
chiese e conventi con le corti rinascimentali. Una sorta di gioco, si potrebbe
dire, ma che si svolge continuamente sull’orlo dell’abisso, sorretto da una
scrittura che definire incisiva e persino convincente è poco; sicuramente, non
rende appieno la bravura dell’Autore, audace e spericolato nell’inventare,
rendendo plausibile ciò che rasenta l’assurdo, l’impossibile.
Cosa dire? Proverei a suggerire
ai lettori a lasciarsi andare, se possibile leggere il libro tutto d’un fiato,
perché forse in questo modo meglio può riuscire ad entrare nella dimensione
spazio-temporale talmente “al limite”, da togliere il respiro. Ed a chi invece
si sentisse talmente spaesato da desiderare un più rassicurante ritorno a se
stesso, consiglierò di leggere con attenzione le pagine in appendice, nelle
quali lodevolmente lo scrittore spiega molte cose, indica dove ha lavorato di
fantasia e dove invece ha attinto alla Storia, ai documenti, all’inoppugnabile
esistenza di un mistero, contenuto in un manoscritto reale, su cui peraltro si
sono rotte la testa generazioni di studiosi, intellettuali, storici,
archeologi, curiosi ed appassionati.
In verità avrei dovuto dirlo
sin dal principio: mi occupo di Storia e sono certamente un lettore 'forte', ma
non posso definirmi certo un critico o comunque esperto di narrativa. Tuttavia,
non credo di essere fuori strada o particolarmente lontano dal vero, se giudico
questa opera straordinariamente avvincente ed originale. Oltretutto, per molti
versi ha a che fare con la memoria e con la Storia, assai presenti nel romanzo,
come del resto dimostrano lo stesso personaggio centrale, De Fugger - manco a
dirlo antenato dei celebri banchieri tedeschi finanziatori non disinteressati
dell’imperatore Carlo V -, o anche i tanti riferimenti a Federico II di Svevia,
anch’egli imperatore, ma nel Duecento e, da tedesco, innamoratissimo
dell’Italia.
Ce n’è in definitiva per tutti
e per ogni gusto, a condizione che ci si lasci prendere e si provi il gusto di
seguire fino in fondo, e nei particolari, la mirabolante avventura. Di un buon
libro si dice che vale per l’ingegnosità, o attrattività della trama, per
l’ambientazione e il disegno dei personaggi, per la qualità della scrittura e
la sua capacità evocativa e di creare risonanza o consonanze in chi legge. Le pagine perdute sono una sfida ben
architettata e una scommessa, tutto sommato, certamente vinta; ma anche per
questo mi astengo dal raccontare in maniera minuta la trama, e meno ancora mi
lascio tentare dall’anticipare “come va a finire” la storia. Tocca a chi legge
compiere il percorso di avvicinamento e di immedesimazione, se è vero, come
ritengo che sia, che l’opera, una volta scritta, o fatta,
non appartiene più al suo autore, ma a chi leggendo, o ammirando, la fa
propria, dislocandola dentro di sé, nel cuore e nella mente.
“C'è
cultura, c'è fantasia.. che dire?? bravo davvero! Io non so se il libro è
scritto bene o no: la scrittura, lo stile scompaiono perché la storia sta
sopra, è quella che ti prende e che segui: è come se qualcuno te la stesse
raccontando a voce”
-
Patrizia P. –
“il mio
"giudizio" non è benevolo ma sincero! Io ti ringrazio perché le tue
"Pagine" mi hanno fatto una piacevolissima compagnia e, ti dirò,
quando sono arrivata alla fine mi è dispiaciuto perché avrei voluto continuare
con i personaggi del libro e con te questa appassionante avventura!”
-
-
Donatella D. –
Premesso che ho letteralmente divorato il tuo
racconto. Se non temessi di
essere accusato di piaggeria direi che è un capolavoro. Non lascia fiato e gli
avvenimenti si svolgono con un ritmo così incalzante che non si riesce a
smettere di leggere. Grande differenza da romanzi di ben più blasonati autori
è: CHE SI CAPISCONO TUTTI I PASSAGGI! Non so a te, ma a me è successo spesso
che leggendo romanzi di questo tipo, magari d'oltre oceano, proseguissi la
lettura senza aver capito quasi niente di uno o più argomenti di carattere
storico o epico. Infatti molti autori danno per scontata una cultura in merito
che invece spesso il lettore medio non possiede. Nel tuo, tutto è spiegato con
chiarezza senza disorientare il lettore nè metterlo di fronte alle proprie
lacune. La trama narrativa è molto ben sviluppata e non ci sono lacune spazio
.- temporali che infastidiscono, nè presupponenze linguistiche tipiche degli
addetti ai lavori. Trapela chiaramente un lavoro certosino fatto a monte sui
temi trattati, che fa intuire rispetto per il lettore e la volontà di non
essere superficiale....( tanto chi vuoi che vada a controllare....? ) Se ne
esce ben informati su un fatto storico, che seppur minore come importanza
assoluta, ci dà la percezione di aver imparato qualcosa che altrimenti non
avremmo mai saputo. I personaggi, ben delineati, con le loro capacità ed anche
le piccinerie tipiche del nostro tempo e non solo (Alberto Sordi docet) si
muovono in una ordinata confusione di colpi di scena e riflessioni personali.
Niente è più vero di questo nostro andirivieni mentale e morale sulle questioni
pratiche ed etiche della vita, spesso risolte solo dal caso o da eventi
esterni, quasi mai da una nostra capacità intrinseca. Anche la fine, ovviamente
in dissolvenza nel fantastico - allegorico non delude. La possibilità di un mondo
alieno, amico o nemico, che sia stato sempre ad un passo è spessissimo presente
in ognuno di noi. Vorrei farti una critica, ma sinceramente me la dovrei quasi
inventare, per cui mi astengo, Ti auguro tutta fortuna che il tuo romanzo
merita. Bravo! Patrizio

- Patrizio P. -
“Ben scritto e appassionante. Una trama avvincente e un
finale… sperato”
-
Pierluigi B. –
“Bellissimo”
-
Francesca –
Personaggi ben descritti e tema molto intrigante e
coinvolgente
-
Monica –
“E’ un libro pieno di suspense, una delizia per gli amanti
del genere noir”
-
Giulio S. –
“Pagine intriganti e intense che coinvolgono il lettore da
subito”
- Maida -